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La soppressata


La soppressata (o soppersata, o suppizata o suppissatu) è un salume, crudo, a carne trita diffuso in tutto il sud Italia.

Da non confondersi con la sopressa vicentina dop fatta con un impasto di carni di maiale, spalla, lombo pancetta e lardo, finemente tritate e mescolate con sale e spezie, prima di essere messe in un budello e lasciate stagionare almeno due mesi.

La soppressata del sud, a differenza della quasi omonima veneta è fatta solo con tagli scelti di lombo e prosciutto. Questo, perché al sud stagionare le cosce posteriori era anticamente un problema, per motivi climatici, prima dell’avvento delle celle a temperatura controllata. La carne pregiata quindi, dei tagli nobili, mondata di nervi e cartilagini, finiva quindi in questo pregiato salume, tagliata a punta di coltello, ossia a grana grossa. Venivano quindi aggiunti candidi cubetti di grasso dorsale, rifinito sempre a mano, e quindi insaccata nel budello suino, magari dello stesso maiale che forniva la carne, dopo averlo lungamente lavato con acqua, sale e limone.

Fondamentale l’abilità del norcino, di non lasciare buchi all’interno e di legare bene il prodotto, per evitare sacche d’aria che nella stagionatura, lo rovinerebbero irrimediabilmente. Le soppressate prima di essere appese, sostano alcuni giorni sotto un peso, che conferisce la caratteristica forma schiacciata, da cui traggono il nome. Una volta appese, molti norcini sono soliti accendere un camino nei pressi delle pertiche coi salumi appesi, sia per migliorare l’asciugatura del prodotto sia per aromatizzarle col fumo di legna naturale. L’impasto prevede dunque in tutte le soppressate del sud, carne scelta, grasso cubettato (pochi lo mettono tritato), sale e pepe.

Poi, a seconda della zona di produzione troviamo in aggiunta: polvere di peperone, dolce o piccante, mirto, finocchietto, aglio, origano. La stagionatura varia dai 2 ai 5 mesi in base al budello usato. Le più pregiate sono quelle messe nel “capo cularino”, ossia il budello gentile, l’ultimo tratto dell’intestino che essendo più spesso, consente al salume di avere una stagionatura più lunga, fino a 4-5 mesi, lasso temporale che conferisce profumi e sapori complessi ed eleganti. Prima dell’avvento del sottovuoto, nelle case contadine era tradizione conservare le soppressate, sotto sugna o sott’olio, per evitare si asciugassero troppo. La permanenza della carne, senza aria e immersa nel grasso, sia animale che vegetale, conferisce al prodotto finale, aromi molto particolari. Il salume si conserva così in modo ottimale, anche due anni, come da degustazione fatte, e solo dopo 16/18 mesi, si inizia ad avvertire un leggero sentore di ossidato.

Tra le soppressate più famose ricordiamo quella di Gioi, che è uno dei tre salami, con un pezzo di lardo intero all’interno del centro-sud ( gli altri sono la mortadella di Campotosto e i coglioni di mulo umbri). Gioi è un piccolo paese della media collina cilentana. Qui ancora si allevano suini all’aperto, le cui cosce diventano questo prezioso salume, oggi Presidio Slow food, fatto solo con carni sceltissime e una stecca centrale di bianco lardo, che conferisce morbidezza e sapore alla fetta. Altro Presidio Slow Food campano è la soppressata del Vallo di Diano, estrema propaggine della regione, che volge alla Basilicata. Qui la tradizione norcina affonda le radici nel medioevo e i regnanti di Napoli, erano ghiotti di salami e soppressate di questa zona. La carne scelta, non solo di prosciutto e lombo ma anche di spalla viene lavorata a mano e insaccata in budello naturale, dopo aver aggiunto grasso di dorso o di gola. Alcuni aggiungono polvere di peperoni cruschi e in questo si sente l’influenza della vicinia lucania. Stagionatura di almeno 45 giorni, ma può arrivare tranquillamente a 3 mesi, per chi gradisce un salume meno morbido ma più complesso, all’analisi organolettica. Peperoncino rosso e budello anche bovino per la soppressata di Calabria (dop) che si presenta al taglio con il caratteristico colore rosso, dato dal frutto piccante. Anticamente erano prodotte solo con la carne del suino nero locale, oggi in gran parte sostituito dai suini chiari, che garantiscono maggiore redditività, ma meno sapore.

In Sicilia, nella zona dei Nebrodi troviamo “U suppessatu”, salume ottenuto dalla pregiata razza del suino nero dei Nebrodi. Solo carni di primissima scelta ( sovracoscia e filetto), che vengono messe in salamoia, con sale, aceto, finocchietto, pepe e peperoncino, poi asciugate e aromatizzate con origano e aglio, prima di essere insaccate in budello naturale e messe sotto pressa fra due stecche di legno. Lunga la stagionatura di 3/4 mesi.

La soppressata si accompagna egregiamente con pane cotto a legna, taralli e vini rossi giovani. Interessante il matrimonio con bollicine di pregio e birre artigianali.

Soppressate solo salate? No di certo, merita menzione la soppressata dolce cilentana, fatta coi fichi bianchi locali, pasta di mandorla, nocciole e cioccolato fondente.

Autore: Marco Contursi

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