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La braciola di capra di Siano, una specialità Pat della Valle dell’Orco


Dici “braciola di capra” e subito pensi alle cittadine di Siano e Bracigliano. Qui la pastorizia è ancora diffusa, soprattutto l’allevamento di pecore e capre.

Sono questa ultime a fornire la carne per un gustoso piatto tradizionale locale: la braciola di capra al ragù. Che va ad impreziosire gli zitoni di pasta secca o i cavatelli, fatti a mano dalle massaie locali. Un prodotto (braciola di capra di Siano PAT) che il Ministero dell’Agricoltura ha voluto preservare e far conoscere, includendolo nella lista dei prodotti PAT (prodotti agroalimentari tradizionali).

La braciola di capra è quindi un involtino di carne di capra, solitamente di spalla o di coscia, ripieno di pecorino ed erbe aromatiche e cotto in pentola di coccio, con i pomodori pelati, i famosi san marzano. La sua ricetta classica prevede che la spalla e la coscia di capra adulta vengano pulite accuratamente e private delle ossa, ma non della pelle, e poi tagliate in pezzi abbastanza grandi da poter essere utilizzati come involtini.

Gli involtini vanno riempiti con aglio, prezzemolo, sale, pepe, formaggio pecorino stagionato e, dopo essere stati legati con uno spago da cucina, vengono soffritti in olio extra vergine. C’è chi aggiunge anche dell’aceto bianco o del vino, per “stordire” il sapore un po’ forte della braciola di capra, ma i puristi la vogliono tale e quale. Una volta che si è fatta la crosticina (reazione di Maillard) alla carne, vengono aggiunti i pomodori pelati e un mestolo di acqua.

La cottura si protrae per diverse ore (4-6) a fuoco bassissimo, fino a quando il pomodoro non assume un colore rosso scuro e una consistenza densa e cremosa. La carne a quel punto sarà cotta a puntino, avrà acquistato morbidezza, insaporendo la salsa con cui verrà condita la pasta, servita, insieme a rondelle della braciola. Una copiosa spolverata di pecorino locale completerà un piatto, saporito, che racconta le tradizioni locali, il protagonista del pranzo della domenica, degli abitanti della Valle dell’Orco.

Volendo consigliare un vino rosso in abbinamento, dobbiamo, vista la corposità del piatto, scegliere un aglianico delle colline circostanti, con una buona persistenza gusto-olfattiva. Non può mancare una fetta di pane locale, fatto con lievito madre e cotto nei forni a legna, per la scarpetta, decisamente obbligatoria, per raccogliere gli ultimi sapori di un sugo gustoso come pochi altri. Un ragù che può competere per profumi e sapori con quello più noto napoletano, a base di carne vaccina e/o suina.

Autore: Marco Contursi

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