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Segni di qualità territoriale: i prodotti a Denominazione di Origine



Il metodo di valorizzazione, in analogia con il biologico, è garantito da un sistema di controllo a presidio della correttezza verso il mercato. I segni utilizzati, in virtù del sistema di verifica e di approvazione a cui sono soggetti, forniscono garanzia giuridica del valore riferito ai prodotti. I segni
di qualità sono legati al contesto territoriale e definiti da regole di eccezione.
Sono così distinti:
 Denominazioni di Origine Protette (DOP);
 Indicazioni Geografiche Protette (IGP);
 Specialità Tradizionali Garantite (STG).

Per le DOP e le IGP la qualità si origina dal legame tra prodotto e territorio, con un diverso grado di intensità fra i due segni. Per le STG si tratta di un riconoscimento legato alla specificità intrinseca del prodotto o del processo, consolidata dalla tradizione e garantita attraverso la registrazione comunitaria. Quindi, essendo questi ultimi basati su uno standard formalizzato e su ricetta regolamentata (legale), il segno si focalizza sulle qualità materiali del prodotto stesso. Nel caso delle DOP/IGP i segni, invece, si incentrano sulle qualità immateriali.

La differenza fra DOP e IGP è determinata dall’intensità del rapporto fra il prodotto e il contesto territoriale. Per le DOP le caratteristiche e la realizzazione del prodotto hanno un legame totale con il territorio, per le IGP parte di questo legame viene a cadere, in quanto entra in gioco nel rapporto prodotto/territorio anche la “reputazione” del primo.

Per le DOP il territorio interviene nel determinare le caratteristiche del prodotto, per le IGP il il territorio interviene nel determinare le caratteristiche o la reputazione del prodotto (quest’ultima l’accezione più utilizzata). Ne consegue che per il prodotto DOP l’intero processo produttivo deve avvenire sull’area identificata dal disciplinare, per il prodotto IGP, alcune fasi della produzione possono avvenire al di fuori dell’area interessata. L’adesione ad una denominazione è un’opportunità territoriale e, in quanto tale, è vincolata all’esistenza di tale situazione. I produttori possono aderire solo se ricadono all’interno delle aree in cui sono presenti delle Denominazioni protette.
Il sistema di controllo presenta diverse analogie con quello implementato per i prodotti biologici, esistono però alcune differenze (3).

La Certificazione di prodotto volontaria
La certificazione di prodotto è l’operazione intesa ad assicurare la conformità ai requisiti stabiliti da norme tecniche o documenti equivalenti. Le norme tecniche, volontarie e consensuali, sono formalizzate mediante disciplinari adottati dagli operatori e che forniscono prescrizioni in ordine ad una determinata attività (processo) e ai suoi risultati (prodotto).

Lo schema può anche fare riferimento a requisiti cogenti (es. requisiti essenziali delle direttive UE) purché sia previsto l’inserimento di requisiti aggiuntivi e valorizzanti. Certificazioni volontarie che interessano in modo esclusivo, nei contenuti e nei metodi, aspetti già obbligatori per legge o comunque regolamentati, non sono attivabili, in quanto possono confondere se non ingannare il consumatore.
Pertanto, tale certificazione non può riferirsi solo a caratteristiche prescritte da leggi che
disciplinano in modo cogente quel particolare tipo di prodotto, ma è finalizzata a:
 conferire al prodotto determinate caratteristiche qualitative;
 promuovere un atteggiamento di maggiore fiducia rispetto a prodotti analoghi.

La certificazione di prodotto si fonda su caratteristiche, parametri e requisiti oggettivi riscontrabili e misurabili.
Esempi di standard applicabili ai prodotti agroalimentari sono:
 GlobalGap®, schema inerente la sicurezza dei prodotti agricoli. E’ applicabile solo alla produzione primaria ed è di tipo “business to business”. Lo standard è fondato sulla garanzia di tre requisiti:
sicurezza alimentare, sicurezza e welfare per i lavoratori, protezione dell’ambiente;
 UNI 11233:2009. Sistemi di produzione integrata nelle filiere agroalimentari. Fornisce i principi generali per implementare un sistema di Produzione Integrata. E’ una norma tecnica riconosciuta a
livello nazionale ed è possibile, contrariamente al caso precedente, la comunicazione dello standard al consumatore finale;  BRC/IFS, schema che ha come campo di applicazione i prodotti agroalimentari trasformati e
l’obiettivo di garantirne la sicurezza.

Una menzione a parte va riportata per il sistema di qualità nazionale di produzione integrata (SQNPI).
Si tratta della prima esperienza a livello nazionale di certificazione di prodotto regolamentata e basata sui principi dei sistemi di agricoltura integrata. Il modello prevede una certificazione da parte di enti
terzi ed il rilascio di una dichiarazione di conformità che permetterà di apporre il segno distintivo (marchio collettivo) sui prodotti. Il sistema è stato definito con decreto MIPAAF 8-maggio-2014.
Vediamo nel dettaglio:

GLOBALGAP
La Buona Pratica Agricola (BPA) o Good Agricultural Practices (GAP) è l’insieme di regole che applichiamo per una gestione ecocompatibile e sostenibile delle nostre attività agricole, al fine di produrre una materia prima di alta qualità e salubrità col minor impatto ambientale possibile.
Enti e istituti di ricerca sono quindi impegnati a individuare le migliori pratiche agricole sostenibili sia da un punto di vista ambientale che economicamente vantaggiose per gli agricoltori al fine di garantire oggi una vita sana e assicurare alle generazioni future di disporre di risorse naturali come l’aria, l’acqua ed il suolo al fine di continuare a produrre cibo sano ed adeguato.

A tal fine, nel 2001 è stato istituito il Comitato tecnico e normativo EUREPGAP.
Le norme EUREPGAP hanno aiutato i produttori a rispettare criteri accettati in tutta Europa inerenti sicurezza alimentare, metodi di produzione sostenibili, benessere degli operatori e uso responsabile dell’acqua, dei mangimi composti e dei materiali di propagazione delle piante. In dieci anni, il processo di ricerca di buone partiche agricole si è diffuso in tutto il continente e oltre. Su effetto della crescente globalizzazione, un numero sempre maggiore di produttori e rivenditori hanno aderito a tali norme. Data la sua importanza a livello globale e considerando il suo obiettivo di diventare lo standard di riferimento per le buone pratiche agricole, nel 2007 EUREPGAP ha cambiato il suo nome in GLOBALG.A.P. GLOBALGAP è uno standard pre farm gate, il che significa che il certificato copre il processo del prodotto che viene certificato da prima che il seme venga piantato fino a quando lascia l’azienda agricola.

Oggi GLOBALG.A.P. rappresenta il principale schema di certificazione a garanzia della produzione agricola nel mondo, in grado di tradurre le esigenze dei consumatori in più di 125 paesi in buone pratiche agricole.
Dunque, lo standard GLOBALGAP richiede che i produttori istituiscano un sistema di controllo e monitoraggio completo. I principali requisiti coperti dallo standard Global G.A.P. sono controlli del processo di produzione e
corretta gestione aziendale, rintracciabilità aziendale, gestione degli aspetti ambientali in azienda, salute e sicurezza dei lavoratori aziendali e relative condizioni di lavoro.

I prodotti sono registrati e possono essere ricondotti alla specifica unità agricola in cui sono stati coltivati. Il sistema Good Agricultural Practices si basa sul principio della registrazione delle attività produttive e dei processi produttivi delle società produttrici. I prodotti vengono monitorati in ogni fase dalla semina nel terreno fino alla raccolta e al raggiungimento del tavolo del cliente. Gli organismi di certificazione verificano se tutte le fasi di produzione sono conformi ai criteri delle buone pratiche agricole.
I produttori che hanno ottenuto il certificato Good Agricultural Practices hanno le seguenti garanzie:
 Tutte le precauzioni per la sicurezza alimentare sono state prese durante le attività di produzione
 Durante le attività produttive, è stata data importanza alla protezione del suolo e delle condizioni ambientali.
 La salute, la sicurezza e il benessere dei dipendenti sono sempre considerati

Come ottenere la certificazione?
GLOBALGAP non rilascia i certificati stessi ma ha autorizzato gli organismi di certificazione registrati a farlo. Le aziende agricole che desiderano ottenere la certificazione GLOBALGAP devono tenere conto di determinati costi. In genere il costo copre la registrazione, l’ispezione e la certificazione. Sia i singoli produttori che i gruppi di produttori possono richiedere la certificazione, il cui costo dipende dall’organismo di certificazione scelto e dal tempo impiegato per l’ispezione. Oltre alla tassa di certificazione addebitata dall’agenzia di certificazione, il produttore deve anche pagare una quota di registrazione annuale per mantenere la certificazione.

Principali opportunità e vincoli
Per ottenere la certificazione GLOBALGAP, il produttore o un gruppo di produttori ha bisogno di un sistema amministrativo completo per tenere traccia di tutte le attività agricole. Il produttore certificato GLOBALGAP può anche avere un vantaggio nella vendita di prodotti ai rivenditori che richiedono la certificazione GLOBALGAP. Non vi è alcun prezzo speciale o etichetta del prodotto associata a GLOBALGAP, in quanto si tratta di uno standard minimo incentrato sulle relazioni tra imprese.

Regolamento di attuazione sulle buone pratiche agricole
Il regolamento sulle buone pratiche agricole è stato pubblicato dal Ministero dell'alimentazione, dell'agricoltura e dell'allevamento nel 2010. Il regolamento prevede i seguenti scopi:
 Una produzione agricola che non danneggi la salute umana e animale e le condizioni ambientali;

 Conservazione delle risorse naturali
 Garantire la tracciabilità e la sostenibilità nelle attività agricole
 Fornire prodotti affidabili ai consumatori

A tal fine, il regolamento disciplina i principi delle buone pratiche agricole. Il regolamento include le regole generali delle buone pratiche agricole, le procedure di controllo e certificazione, i doveri e le responsabilità delle istituzioni competenti, i produttori, le organizzazioni di produttori, i produttori e gli organismi di certificazione. Secondo il suddetto regolamento, le Buone Pratiche Agricole sono condotte nell'ambito dei criteri di conformità e dei punti di controllo stabiliti dal Ministero. L'ente di certificazione deve essere accreditato secondo lo standard TS EN ISO / IEC 17065 (Valutazione di conformità - Requisiti per le organizzazioni che emettono certificazione di prodotto, di processo e di servizio). I prodotti agricoli prodotti dopo gli audit sono documentati. La certificazione dei prodotti agricoli può essere fatta individualmente o in gruppo.
Secondo il regolamento, le attività di certificazione sono svolte nei seguenti gruppi di prodotti:

 Produzione vegetale (ortofrutticoli freschi, coltivazioni in campo, piante da fiore e ornamentali, piantina e vivaio e tè)
 Produzione animale (bovini da latte, ingrasso bovino, pollame e tacchino)
 Acquacoltura (acquacoltura di pesci e bivalvi)
Il periodo di validità del certificato di buone pratiche agricole rilasciato alle aziende produttrici è di un anno dalla data di rilascio. Ogni anno i produttori devono sottoporsi a nuovo controllo e rinnovare i loro certificati.
Grazie al certificato Good Agricultural Practices, i produttori, i consumatori e le condizioni ambientali ne traggono vantaggio. Ad esempio, per i produttori, i prodotti sono considerati sani e affidabili. Poiché il suolo è protetto, si ottiene un prodotto più abbondante. Si assiste ad un aumento della competitività nei mercati nazionali ed esteri. I costi di produzione diminuiscono e nel contempo la produttività aumenta. Si riducono i rischi per la sicurezza alimentare e la salute dei consumatori. In termini di ambiente, le risorse naturali e l'equilibrio ecologico del mondo sono preservati. Si preserva l'ambiente naturale e la biodiversità. I danni causati dall'agricoltura all'ambiente sono ridotti.

UNI 11233: LA PRODUZIONE INTEGRATA
La norma UNI 11233 viene definita come la carta d’identità della Produzione Integrata. La Produzione Integrata è un metodo di coltivazione ecocompatibile che prevede l’adozione di tecniche che garantiscono un minor impatto ambientale, una riduzione dell’immissione nell’ambiente di sostanze chimiche, integrandoli con input naturali. La Produzione Integrata è una produzione agricola mirata ad un’agricoltura ecocompatibile, che tende a sostituire e privilegiare le sostanze chimiche con tecniche e input naturali. In essa i metodi biologici, tecnici e chimici sono bilanciati attentamente. Ovviamente questo sistema di produzione ha numerosi vantaggi: tutela l’ambiente, innanzitutto, e inoltre garantisce una migliore qualità dei prodotti, salvaguardando, in questo modo, anche i consumatori.
Certi di questi vantaggi, gli Italiani hanno deciso di mettere a punto proprio una specifica norma, la presente UNI 11233, che permettesse il riconoscimento e la valorizzazione dei prodotti ottenuti sul mercato.
Tale norma offre infatti la soluzione perfetta: protegge le risorse ambientali e permette di sfruttarle al meglio per ottenere prodotti genuini valorizzati. Ne beneficiano tutti: l’ambiente, gli astanti, il consumatore e il lavoratore.

UNI 11233: a che cosa e a chi si applica?
La norma si applica a tutti i vegetali, destinati sia al consumo umano che animale, ed è inclusa la gestione delle fasi post raccolta. Le aziende coinvolte, o meglio, le aziende che possono beneficiarne sono le filiere agroalimentari, dato che la norma è chiamata proprio “Sistemi di produzione integrata nelle filiere agroalimentari”: in questo gruppo di filiere sono coinvolte anche le singole aziende agricole e le organizzazioni che trasformano e commercializzano i prodotti agroalimentari e acquisiscono materie prime, semilavorati e prodotti certificati.

Tutte le imprese che vogliono certificarsi devono predisporre un Disciplinare tecnico aziendale che soddisfi i punti chiave della norma.
Come funziona la certificazione
Le aziende che intendono richiedere la certificazione dei propri prodotti sono tenute a:
 rispettare i requisiti e gli adempimenti contemplati nella Norma Tecnica UNI 11233, (o alla NTPI/01);
 presentare apposita domanda di certificazione, corredata del suo allegato e dei documenti in essa richiamati fra cui il Disciplinare Tecnico;
 sottoscrivere l’offerta economica e il contratto di certificazione predisposti dall’ente di certificazione (ciò implica l’accettazione delle clausole contenute nel regolamento del sistema di certificazione dei prodotti agroalimentari e nel suo allegato);

Alla ricezione della documentazione, l’ente di certificazione provvede: alla valutazione documentale, alla verifica ispettiva di certificazione nei siti produttivi, alla decisione per la certificazione e all’emissione del certificato e alla successiva iscrizione nel registro dei prodotti certificati. A questo segue l’attività di sorveglianza con l’ente valuta il mantenimento della conformità alla Norma di riferimento.

Lo schema di certificazione UNI 11233 è accreditato da Accredia in conformità alla norma ISO/IEC17065:2012

3. Certificazione BRC/IFS

Cosa sono la certificazione BRC e IFS
Tra i vari standard internazionali di qualità dobbiamo registrare la presenza della certificazione BRC e della certificazione IFS, due documenti che vidimano a livello globale l'organizzazione ottimale della filiera produttiva nell'ambito del GDO, ovvero la Grande Distribuzione Organizzata. La certificazione BRC e la certificazione IFS sono entrambe molto importanti e permettono la penetrazione nel settore in ambito britannico ed europeo: infatti la certificazione BRC è un acronimo che sta per British Retail Consortium, ossia il consorzio della Grande Distribuzione Organizzata Britannica, ed è uno standard necessario per tutti i fornitori che vogliano entrare nel mercato GDOinglese, mentre lo standard IFS è invece condiviso fra le filiere agroalimentari della Grande Distribuzione Organizzata francese e tedesca. Approfondiamo in dettaglio queste due certificazioni.

La certificazione BRC in dettaglio
La certificazione BRC come del resto anche la IFS pone le sue basi nell'HACCP, e si prefigge come obiettivo la standardizzazione dell'ambiente di lavoro fissando inoltre i controlli da effettuare sul prodotto e sul processo. Lo scopo è quello di di produrre delle buone norme di lavorazione ed un sistema di gestione efficiente, ponendosi come certificazione alimentare di qualità. Il BRC global standard ha avuto il suo ultimo aggiornamento nel 2015, e si suddivide in 7 ambiti, ovvero:
 Impegno nella direzione
 HACCP
 Sicurezza alimentare e Sistemi di gestione della qualità
 Standard dello stabilimento
 Controllo del prodotto
 Controllo dei processi
 Personale

L'applicazione in un'azienda di produzione alimentare della certificazione b.r.c o BRC standard come viene anche definita, comporta benefici sia in termini di fatturato e resa sul mercato, che dal punto di vista dell'organizzazione al fine di ottenere una maggiore sicurezza del prodotto. Fanno inoltre parte della stessa famiglia BRC anche altre certificazioni alimentari pensate per i diversi attori della filiera produttiva fra i quali:
 Certificazione BRC Storage And Distribution, riservata a tutte quelle aziende che fanno stoccaggio e logistica di prodotti alimentari
 Certificazione BRC Agents And Brokers, riservata a tutte quelle società che fungono da intermediazione di prodotti alimentari
 Certificazione BRC Packaging And Packaging Materials, riservata a tutte quelle aziende produttrici di imballi e materiali che entrano a contatto con gli alimenti

Come funzione lo standard IFS
Molte sono le similitudini tra la certificazione BRC britannica e quella IFS franco-tedesca, la quale richiede ai fornitori della filiera il rispetto di determinate norme igieniche e di buone prassi nei processi produttivi, attee a garantire un buon livello di sicurezza e di qualità del prodotto. L'ultimo aggiornamento risale al 2014, e si suddivide in 6 ambiti:
 Responsabilità della direzione
 Sistema di gestione per la qualità e la sicurezza alimentare
 Gestione delle risorse
 Pianificazione e Processi di produzione
 Misurazione - Analisi - Miglioramento
 Food Defence e Ispezioni Esterne

L'applicazione di questo standard esattamente come per la certificazione b.r.c comporta benefici economici e di reputazione sul mercato, come anche il riconoscimento di un'adeguata organizzazione che ingenera maggiore sicurezza del prodotto. Altra similitudine con la certificazione BRC è che rientrano nella famiglia IFS anche altri standard pensati per i diversi attori della filiera agroalimentare, fra i quali:
 Certificazione IFS Logistics, riservata a tutte quelle aziende che fanno stoccaggio e logistica di prodotti alimentari
 Certificazione IFS Broker, riservata a tutte quelle società che fanno da intermediazione di prodotti alimentari
 Certificazione IFS Pacsecure, riservata a tutte quelle società che producono imballi e materiali che entrano a contatto con gli alimenti
 Certificazione IFS Wholesale & Cash and Carry per i Grossisti e i Cash and Carry

In conclusione gli standard che sono alla base della certificazione BRC e IFS sono facilmente integrabili l'uno con l'altro, appoggiandosi entrambi su un sistema ISO 9001. In termini pratici questi due standard aumentano il raggio di controllo e d'azione estendendosi anche in campi quali il controllo di etichette alimentari, il confronto delle tabelle nutrizionali, ed altri aspetti legati a specifici requisiti.

La rintracciabilità
Per quanto attiene i sistemi di rintracciabilità di tipo volontario, basati sul superamento del requisito legislativo e declinati come modelli gestionali mirati al miglioramento continuo, questi sono definiti dalla norma tecnica ISO 22005:2008 – Rintracciabilità nelle filiere agroalimentari. Rintracciabilità, interna o di filiera, rappresentano due sistemi di tipo “volontario”. E’ scelta ed opportunità dell’azienda adottare i relativi schemi.
La rintracciabilità interna garantisce l’identificazione del requisito della responsabilità, basato sulla conoscenza di quali fornitori hanno contribuito alla composizione di un prodotto finito e, nel caso, i
controlli eseguiti su un specifico lotto.

La rintracciabilità di filiera garantisce un controllo su tutti i passaggi che un prodotto subisce lungo l’intera filiera e durante la sua storia produttiva. E’ questo un sistema non ancora diffuso a livello di azienda agricola, ma con notevoli potenzialità valorizzanti. In particolare, l’azienda agricola che trasforma le proprie produzioni controlla un’intera filiera produttiva, dal campo al prodotto finale.

La conformità alla rintracciabilità di filiera garantisce, in prima istanza, l’origine dei prodotti, sia essa aziendale che di eventuali fornitori locali, valorizzandone il contributo alla produzione. In secondo luogo, si sottopongono a controllo eventuali requisiti critici per la sicurezza dei prodotti, quali, ad esempio, interventi con fitofarmaci, alimentazione del bestiame, interventi veterinari, ecc.

La rintracciabilità è definita come “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione” (4).
 definizione degli obiettivi;
 progettazione (fase strategica);
 realizzazione (implementazione).

La conformità alla rintracciabilità di filiera garantisce, in prima istanza, l’origine dei prodotti, sia essa aziendale che di eventuali fornitori locali, valorizzandone il contributo alla produzione. In secondo luogo, si sottopongono a controllo eventuali requisiti critici per la sicurezza dei prodotti, quali, ad esempio, interventi con fitofarmaci, alimentazione del bestiame, interventi veterinari, ecc.

La rintracciabilità è definita come “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte
le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione” (4).
 definizione degli obiettivi;
 progettazione (fase strategica);
 realizzazione (implementazione).

(1) Def. UNI EN ISO 9000:2005. Ad es. l’acidità di un olio è la caratteristica, il “requisito” il livello minimo consentito per la commercializzazione, il grado di soddisfacimento il valore effettivo del parametro.
(2) La definizione completa di certificazione è: “atto mediante il quale una terza parte indipendente dichiara che, con ragionevole attendibilità, un prodotto, processo o servizio è conforme ad una specifica norma o ad altro documento normativo” (UNI CEN EN 45020:1998)(3) Ogni prodotto è caratterizzato da un piano di controllo specifico ed approvato in sede comunitaria e l’Organismo di Controllo, per una data denominazione, è unico ed autorizzato dal Ministero, con rinnovo a scadenza dell’autorizzazione
(4) Definizione giuridica dettata dal Reg. CE 178/2002 che “supera” per gerarchia le definizioni indicate nelle norme tecniche volontarie. In questa, i concetti di base sono nei termini “possibilità” e “ricostruire e seguire”, il primo termine sottolinea un aspetto oggettivo nella ricostruzione del percorso legato anche a soggetti terzi. Infatti, il percorso del materiale deve “poter” essere seguito, indipendentemente dal soggetto che opera la ricerca. Gli altri due elementi, “ricostruire e seguire”, accorpano il concetto di tracciabilità (seguire o tracciare) e rintracciabilità (ricostruire o ripercorrere) in un unico termine e specificano entrambe le direzioni della filiera, verso “monte” o “valle”. Si arriva quindi a disporre la necessità per azienda di seguire il prodotto anche quando questo non è più sotto il suo controllo diretto, principio adottato in virtù degli artt. 19 e 20 del Reg. CE 178/2002 che
inaugura un nuovo sistema di regole di relazione con il mercato.

Altre definizioni di rintracciabilità che si trovano in norme tecniche volontarie sono:
 Capacità di risalire alla storia, all’utilizzazione o all’ubicazione di ciò che si sta considerando (ISO9000:2005). Parlando di un prodotto la rintracciabilità può riferirsi,
 all’origine di materiali e di componenti,
 alla storia della sua realizzazione,
 alla distribuzione e all’ubicazione del prodotto dopo la consegna;
 Capacità di ricostruire la storia e di seguire l’utilizzo di un prodotto mediante identificazioni documentate (relativamente ai flussi materiali ed agli operatori di filiera). Rintracciabilità di Filiera, UNI 10939:2001;
 Capacità di risalire alla identificazione del fornitore dei materiali impiegati in ogni lotto del prodotto, e della relativa destinazione, mediante registrazione documentata. UNI 11020:2002;
 Capacità di seguire i movimenti di un mangime o un alimento attraverso le specifiche fasi di produzione, trasformazione e distribuzione. ISO 22005:2007.

La definizione che più si avvicina a quella del Regolamento comunitario è relativa alla rintracciabilità di filiera che, negli obiettivi e nel campo di applicazione, di sicuro più assimila quanto sancito dal dettato legislativo.
Inoltre, è da notare, quale elemento distintivo tra regola giuridica e norma tecnica il termine “capacità” contro “possibilità” a sottolineare la valenza soggettiva nel primo caso, intesa come propria del soggetto titolare del sistema, ed oggettiva nel secondo, potenzialmente disponibile e per l’interesse della comunità.

Documenti allegati:
WP 5.2 E 5.3 CERTIFI...

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